Il lupus neonatale può svilupparsi anche quando il neonato non ha ereditato una suscettibilità genetica all’autoimmunità dalla madre. E’ stato descritto il caso di una bambina nata a termine, di quattro settimane ed altrimenti sana, con un’anamnesi di placche squamose sul viso, su cui è stata effettuata diagnosi di lupus neonatale.
La bambina era stata concepita tramite fertilizzazione in vitro da una donatrice non imparentata con la madre gestazionale e, quest’ultima, aveva invece un’anamnesi di sindrome di Sjogren della durata di 10 anni, risultando positiva agli anticorpi anti-Ro/SSA ed anti-La/SSB. Secondo Anne Marqueling dell’Università della California, coautrice dello studio, questo caso dovrebbe richiamae l’attenzione sul fatto che il lupus neonatale può intervenire anche in un bambino di questo genere e questa consapevolezza potrebbe portare ad un monitoraggio precoce e ad un trattamento tempestivo.
Il microambiente uterino, in congiunzione con gli autoanticorpi materni, potrebbe svolgere un ruolo nello sviluppo del lupus neonatale e, forse, i fattori ambientali risultano importanti quanto una predisposizione genetica di base. Secondo gli esperti, è noto che gli anticorpi anti-Ro associati al lupus attraversano notoriamente la placenta e, pertanto, possono essere trasmessi al feto. Nelle donne in gravidanza con anticorpi anti-Ro si raccomanda quindi di praticare un monitoraggio frequente a partire dalle 16 settimane. (JAMA Dernatol online 2016, pubblicato il 9/3)



